Equilibrio e catene miofasciali dell’arto inferiore: ruolo delle spirali

A cura: Saverio Colonna *, Corrado Borghi**
** Professore a contratto Unimore di Bioingegneria - Fisioterapista |
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Ruolo dei sistemi miofasciali
Il movimento umano è una complessa orchestrazione di eventi che coinvolgono molti diversi sistemi corporei. Comprendere come questi sistemi interagiscono durante i movimenti muscoloscheletrici può informare direttamente una varietà di campi di ricerca, tra cui: eziologia delle lesioni, prevenzione delle lesioni e prescrizione di esercizi terapeutici.
Tradizionalmente gli scienziati hanno esaminato il movimento umano attraverso una lente riduzionista per cui i movimenti sono scomposti e osservati isolatamente. Il processo di riduzionismo non riesce a catturare le complessità interconnesse e le interazioni dinamiche che si trovano all'interno di sistemi complessi come il movimento umano. Un'idea sempre più diffusa è che il movimento umano possa essere meglio compreso usando una filosofia olistica.
A questo proposito, le proprietà di un dato sistema non possono essere determinate o spiegate solo dai suoi componenti, ma è la complessità del sistema nel suo insieme che determina il comportamento delle singole parti componenti.
Questo concetto ipotizza che il movimento umano possa essere meglio compreso attraverso l'olismo; e fornisce prove osservative disponibili nella scienza muscolo-scheletrica, che aiutano a inquadrare il movimento umano come un sistema complesso interconnesso a livello globale. Al centro di questo, c'è la biotensegrità, un concetto in cui si ipotizza che le ossa del sistema scheletrico siano tenute insieme dal tono muscolare a riposo di numerose catene muscolari viscoelastiche in modo dipendente dalla tensione. Il design di un sistema di biotensegrità suggerisce che quando si verifica un movimento umano, l'intero sistema muscolo-scheletrico si adatta costantemente durante questo movimento provocando il verificarsi di schemi globali.
Questa idea è ulteriormente supportata da recenti prove anatomiche che suggeriscono che i muscoli del corpo umano non possono più essere visti come strutture anatomiche indipendenti che collegano semplicemente un osso a un altro osso. Piuttosto, il corpo è costituito da numerosi muscoli collegati in serie e in parallelo che abbracciano l'intero sistema muscolo-scheletrico, creando lunghe catene muscolari miofasciali viscoelastiche poliarticolari. I modelli teorici che introducono un approccio sistemico complesso dovrebbero essere accolti dal campo delle scienze motorie nel tentativo di aiutare a spiegare questioni cliniche che sono state resistenti a un modello lineare. Ai soli fini didattici si cerca di semplificare schematizzando il corpo in distretti. Per meglio esporre le basi eziopatogenetiche di alcune patologie, come l’artosi del ginocchio, in questo articolo affronteremo solo l’arto inferiore.
Modelli di catene miofasciali
Diversi Autori (Godelieve 1978; Busquet 1994; Stecco 1996; Stecco 2014; Myers 2001; Paoletti 2003, Colonna 2006)hanno riportato modelli diversi di concatenazioni dell’arto inferiore. Se tutti gli Autori prevedono un sistema che lavora sul piano sagittale, alcuni (Paoletti 2003, Godelieve 1978) non prevedono sistemi che lavorano sul piano obliquo, quindi incrociandosi nello spazio. Il testo di Piret e Bezieres (1976) è stato il primo a parlare dell’importanza dei sistemi crociati (fig. 1) che sarebe più corretto chiamarli a spirale, perchè rendono di più l’idea della dislocazione tridimensionale dello spazio che hanno. In letteratura (Vleeming et al. 1995; Barker et al. 1999; Willard et al. 2012; Nakai et al. 2021), per la connessione dell’arto inferiore al tronco, sono stati presentati e largamente approvati dei sistemi mio fasciali che connettono la parte destra del corpo alla sinistra e viceversa. Questi sistemi sono essenziali per le rotazioni del tronco che avvengono sia in posizione ortostatica che da seduto sia durante il cammino e la corsa. |
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Il testo di Piret e Bezieres (1976) riporta non soltanto sistemi a spirale che attraversano il bacino ma anche per l’arto inferiore (fig. 2), ma di questi sistemi la letteratura è alquanto scarno se non inesistenti. Senza questo tipo di modello funzionale, però, non si potrebbero spiegare molte disfunzioni che portano a patologie del ginocchio (lesione del crociato anteriore, gonartrosi mediale, condropatia femoro-rotulea) e tantomeno gli approcci terapeutici con utilizzo delle mani e/o esercizio fisico. Il piede, durante l’appopggio monopodalico, presenta una base rappresentata da un rettangolo con asse minore trasverso; il disequilibrio maggiore, quindi, è di tipo laterolaterale. I sistemi sagittali non possono gestire questo tipo di squilibrio e ad una superficiale vista qualcuno potrebbe pensare che, invece, dei sistemi laterali possano sovraintendere tale funzione. In realtà non è così. Sull’equilibrio latero-laterale la gestione biomeccanica dell’arto inferiore è rappresentabile come un sistena a due snodi identificabili come le articolazioni della caviglia ( più precisamente la sotto astragalica) e la coxofemorale (Nashner e Collum 1984). Il ginocchio avendo un movimento trascurabile sul piano frontale non partecipa a questa dinamica. |
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Il movimento della sotto astragalica che avviene sull’asse di Henke, viene gestito da una coppia di forza: una varizzante attuata sopratttutto dalla coppia dei muscoli tibiali, una valgizzante attuata dal muscolo peroneo lungo e breve. Per completezza bisogna menzionare anche la componente varizzante, accessoria alla plantaflessione, del tricipite. L’articolazione coxo-femorale presenta un’ampia mobilità. Nel piano coronale il movimento di abduzione viene gestito dal gluteo piccolo, medio e grande, quest’ultimo in sinergia con il tensore della fascia lata; mentre l’adduzzione dal gruppo degli adduttori. Nella postura ortostatica bisognerebe fare lo sforzo di analizzare questi gruppi muscolari non come quando agiscono in catena cinetica aperta, quindi non in carico, ma in catena cinetica chiusa, cioè in carico. Durante il carico questi muscoli non muovono il femore, determinando una abduzione/adduzzione, bensì gestiscono l’equilibrio del bacino. Gli “abduttori” determinano una inclinazione laterale e gli “adduttori” una inclinazione mediale. |
Durante l’appoggio monopodalico se non ci fossero i sistemi spirali sarebbe impossibile gestire l’appoggio manopodalico. Nella figura 3 viene schematizzato un modello rappresentativo della gestione dell’equilibrio monopodalico attraverso dei tiranti unilaterali (a) e incrociati (b). In figura 3c viene riportato l’attivazione del sistema unilaterale durante un perdita di equilibrio verso dx; tale azione risulta completamente inefficace, anzi accentua il disequilibrio. In figura 3d, invece, viene riportato l’attivazione del sistema crociato utile ad opporsi allo strapiombo verso dx.
Conclusioni
I modelli di concatenazione pubblicati che non prevedono i sistemi spirali per giustificare alcune disfunzioni fonte di patologie dell’arto inferiore andrebbero rivisti.
Dimostrazione mediante un modello semplificato dell'importanza delle catene spirali per la gestione dell'arto inferiore.
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Presentazione, dal punto di vista biomeccanico, dell'importanza delle catene spirali. Studio sperimentale preliminare mediante utilizzo autore: Corrado Borghi
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BIBLIOGRAFIA
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