Analisi critica dei modelli di catene neuro-mio-fasciali
Il modello di approccio mediante le concatenazioni neuro-mio-fasciali alle patologie muscoloscheletriche, rimane un argomento ancora molto dibattuto, pur se continua ad aumentando la letteratura a riguardo.
Di questa letteratura una buona parte riguarda l’efficacia terapeutica del modello nel trattamento di alcune patologie, quali: la lombalgia, la cervicalgia, ecc. Sono pochi gli studi che affrontano l’aspetto funzionale di queste concatenazioni; questo comporta una certa difficoltà ad individuare il non corretto funzionamento, definito disfunzione. Se non è possibile indentificare la disfunzione, di conseguenza, risulta alquanto difficile intervenire terapeuticamente, soprattutto quando si vuole intervenire con degli esercizi funzionali.
Ma siamo sicuri di conoscere come e quando si attivano queste concatenazioni? Cioè, quando e come vengono utilizzate nella gestualità corporea della quotidianità o nella pratica sportiva? Nella valutazione teorica del coinvolgimento di queste concatenazioni, sembra che non ci siano grossi dubbi sui sistemi che lavorano sul piano sagittale, cioè le catene anteriori e posteriori. Maggiori dubbi sono presenti quando si parla delle catene crociate o spirali, utilizzate nei movimenti che avvengo nel piano coronale (inclinazione) e trasversale (rotazioni). Alcuni modelli proposti da alcuni Autori non comprendono neanche queste concatenazioni. Di quelli proposti, invece, uno ci ha sempre creato, dal nostro punto di vista funzionale, molte perplessità. Questa è la catena spirale di Myers.
Un recentissimo studio pilota (https://www.cureus.com/articles/167697-involvement-of-myofascial-spiral-chains-of-the-lower-limb-in-semi-unipodal-balance-a-pilot-study?token=iX6d4v8zSX2sBW1q_ekD&utm_medium=email&utm_source=transaction#!/), a riguardo dell’arto inferiore, conferma le perplessità facendo sempre di più dubitare sulla reale esistenza di questa concatenazione.