Considerazioni sulle catene miofasciali

Considerazioni sulle catene miofasciali 002 spine centerLa determinazione di scrivere questo articolo è venuta dalla considerazione che ha fatto Stefano, stimato amico-collega odontoiatra, nell’introdurre la sua relazione sui rapporti tra ATM, deglutizione, cervicale e restante parte del corpo ad un congresso: “Scusami ma io utilizzo le catene di Myers e della Denys-Struyff e non le tue”.
La domanda che ci siamo posti è stata: ma possiamo considerare le catene miofasciali come qualcosa di appartenenza ad un Autore, quasi come se fosse un’invenzione brevettata?
Nessuno inventa niente nel nostro meraviglioso sistema chiamato corpo umano.

Dal primo testo pubblicato sull’argomento della Denys-Struyff del 1975, altri testi sono stati pubblicati (Busquet 1994; Busquet 1996; Stecco 1996; Myers 2001; Colonna 2007). Alcuni dei quali specifici per il sistema stomatognatico (Stefanelli 2003; Clauzade e Marty 2004).
Ognuno di questi Autori ha suddiviso i sistemi in sistemi miofasciali in gruppi definiti catene su delle basi teoriche e non su delle prove scientifiche.
Recentemente, invece, sono comparsi i primi articoli sull’efficacia dei trattamenti impostati con dei principi propri delle catene miofasciali (Díaz-Arribas et al 2009; Díaz-Arribas et al 2015) e nel giro di pochi mesi sono state pubblicate due review molto interessanti riguardanti l’esistenza della continuità morfologica delle catene miofasciali (Wilke et al, 2016) e la valutazione delle capacità di trasferimento tensivo lungo le stesse (Krause et al 2016).I modelli riportati nei testi pubblicati sono prettamente anatomici, impostati sulla continuità fasciale. Oltre all’importante connessione meccanica, per un’efficacia funzionale, questi anelli sono messi in collegamento anche da uno schema nervoso centrale che ne mantiene un tono muscolare di base. Possiamo definire le catene muscolo muscolo-connettivali o mio-fasciali come: “ una sequenza definita di muscoli, la cui contiguità è data dal sistema connettivale fasciale, al cui interno è mantenuto, grazie all’attività del SNC, un tono preferenziale”.
La Denys-Struyff (1975) propone una suddivisione della catene miofasciali in 6 concatenazioni. L’Autrice individua 4 concatenazioni sagittali nel piano frontale anteriori (anteromediale e anterolaterale destra e sinistra) e 4 posteriori (posteromediale e posterolaterale destra e sinistra) e due nel piano sagittale, anteroposteriore e posteroanteriore. Tra tutti gli Autori che hanno trattato l’argomento è l’unico in cui collega ogni catene ad un profilo psicologico.

Busquet (1994) suddivide le catene del corpo in 5 concatenazioni muscolo-connettivali: statica posteriore; retta anteriore; retta posteriore; flessione; estensione; crociata destra e sinistra. Solo ai fini didattici tratta le catene del tronco in modo separato dalle catene dell’arto inferiore (Busquet 1996).

Busquet, a differenza della Denys-Struyff, inserisce delle catene, definite crociate, che collegano i due lati del corpo, la parte destra alla sinistra. Questi sistemi sono molto importanti per molte funzioni quotidiane, come il camminare, correre, sollevare un peso con una mano, ecc. In realtà Busquet, per redarre le catene crociate ha utilizzato le basi dei modelli riportati in letteratura da Piret e Bezieres (1976).

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Considerazioni sulle catene miofasciali 008 spine centerStecco (1996 Stecco e Stecco 2007) suddivide i sistemi del tronco, arto superiore e inferiore in sequenze di unità miofasciali (mf) e centri di coordinazione (cc). L’unità mf è formata dalle unità motorie coinvolte nello spostamento di un segmento in una specifica direzione e dalla sovrastante fascia.

Nella fascia che si collega alle fibre muscolari di ogni unità mf si trova il centro di coordinazione, mentre della fascia stesa sopra l’articolazione si trova il centro di percezione (cp). Il centro di fusione (cf) gestisce i movimenti complessi del corpo umano.

Gli Autori riportano le sovrapposizione tra queste concatenazioni e i sistemi dei meridiani di agopuntura. I lavori di dissezione realizzati dalla famiglia Stecco, senza ombra di dubbio, hanno il merito di aver permesso di meglio inquadrare la componente prettamente fasciale dei sistemi che questo articolo affronta.

Myers (2001) individua: 5 concatenazioni, definite linee, per il mantenimento della postura eretta; altre due connessioni miofasciali, definite linee funzionali, per le gestualità specifiche, quali quelle tipiche dello sportivo; infine una profonda frontale collegata a tutti i movimenti in generale e in modo specifico all’adduzione dell’anca e alla respirazione diaframmatica.

Il nostro attuale approccio è basato principalmente sulle catene di Busquet, con in più una catena laterale come proposto da Myers (2001). Tale catena, prettamente funzionale, è costituita, infatti, dalle componenti più laterali delle catene spirali, le quali, intrecciandosi spazialmente, quando attivate sinergicamente inducono dei movimenti isolati nel piano frontale (Colonna 2007, 2012).

Rispetto a Busquet, la catena posteriore che lui identifica come importante per la postura eretta, noi gli diamo anche una maggiore importanza nella flessione del tronco, gestualità spesso algica in chi presenta delle disfunzioni del bacino e rachide lombare, denominando questa concatenazione statica-dinamica posteriore.

Questi sistemi di concatenazioni miofasciali, per quanto diversi Autori (Myers 2001; Stecco e Stecco 2007) hanno studiato le connessioni anatomiche attraverso le dissezioni, rimangono dei sistemi funzionali e come tali andrebbero analizzati.

I modelli di concatenazioni che principalmente seguiamo (Colonna 2007, 2012) sono legati a quelle mansioni quotidiane che sono comuni alla maggior parte delle persone, quali il piegarsi in avanti e indietro con il tronco, camminare, correre, stare seduti, ecc.

L’inquadramento, quindi, è funzionale più che strettamente anatomico. La convalida della continuità anatomica emersa dalle dissezioni è importante per supportare una possibile funzione del sistema.

Considerazioni sulle catene miofasciali 009 spine centerQualcuno potrebbe chiedersi: “perché e così importante l’inquadramento funzionale e non è sufficiente quello anatomico? La risposta è semplice: se non utilizzassimo la funzione una volta diagnosticata l’ipotetica catena “alterata” non avremmo gli strumenti per interagire.

Chi può lavorare sulla struttura è il chirurgo, chi utilizza le catene miofasciali, normalmente, utilizza la funzione come atto terapeutico.

Per lavorare con le catene miofasciali bisogna partire dalla funzione per poter identificare una disfunzione che alla lunga potrà essere alla base della patologia.

Seguendo questa logica risulta evidente che non possono esserci le catene di tizio o caio o sempronio ma semplicemente i sistemi miofasciali che ogni individuo utilizza nell’ottemperare a un determinato compito. Se qualche Autore ha provato ad individuare quale sistema viene utilizzato e assurdo affibbiargli la paternità.

Per il nostro inquadramento con le catene è stato fondamentale, oltre alle indicazioni date da Busquet, il supporto dato dal modello di disfunzione proposto da O’Sullivan (2000) e Sharmann (2002). Gli Autori suddividono le patologie non in base all’ipotetica struttura anatomica lesionata o infiammata, ma in base al movimento, quindi la funzione, che scatena il sintomo. Se è presente un sintomo, ovviamente, sarà presente una disfunzione.

La Sharmann (2002), ad esempio, identifica 5 sindromi disfunzionali nella patologie lombari delle quali una e la sindrome flessoria. Lavorare con le catene per noi significa, avendo ben chiaro come fisiologicamente viene realizzata una flessione del tronco, identificare i sistemi che non stanno lavorando correttamente, cioè disfunzionali, e provare ad interagire con gli strumenti che uno possiede allungando dove è retratto-irrigidito, cercando di accorciare per aumentare la tensione dove è presente un tratto allungato-lasso, ri coordinando i sistemi agonisti-antagonisti durante l’utilizzo.

 

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Da questa breve presentazione del nostro modello di inquadramento, risulta più facile capire la nostra difficoltà a comprendere alcune concatenazioni riportate da alcuni Autori, ad esempio:

  1. la linea spirale di Myers, non riusciamo a identificare, per quanto ci siamo lambiccati il cervello, quale tipo di movimento possa determinare e se non riusciamo a metterla in correlazione con una funzione come potremmo capire la patologia derivante dalla disfunzione?;
  2. perché per la Denys-Struyff non è presente un sistema di connessione tra le due parti del corpo, come ad esempio avviene durante la deambulazione la sincronia tra l’arto superiore di un lato con l’arto inferiore opposto?
  3. perché Busquet identifica come estremo caudale della catena di flessione il quadrato plantare e della catena di estensione il flessore breve delle dita?

 


BIBLIOGRAFIA

Busquet L: Le catene muscolari. Arti inferiori. Vol IV Marrapese Editore, Roma 1996

Busquet L: Le catene muscolari. Tronco e colonna cervicale. Vol I Marrapese Editore, Roma 1994

Clauzade M, Marty J.P: Ortoposturodonzia 1. GLM Edizioni Marsalese, Milano 2004

Colonna S: Le Catene Miofasciali in Medicina Manuale. Il Rachide. Edizioni Martina, Bologna 2006

Díaz Arribas MJ, Ramos Sánchez M, Pardo Hervás P, et al. : Effectiveness of the physical therapy Godelive Denys-Struyf method for nonspecific low back pain: primary care randomized control trial. Spine (Phila Pa 1976). 2009 Jul 1;34(15):1529-38. doi: 10.1097/BRS.0b013e3181aa2771

Díaz-Arribas MJ, Kovacs FM, Royuela et al.: Effectiveness of the Godelieve Denys-Struyf (GDS) method in people with low back pain: cluster randomized controlled trial. Phys Ther. 2015 Mar;95(3):319-36. doi: 10.2522/ptj.20140099.

Godelieve Denys- Struyf : Les chaînes musculaires et articulaires 1ère édition en par la SBO&RTM, Société Belge d’Ostéopathie et de Recherche en Therapie Manuelle, Maloine 1978

Myers TW: Anatomy trains. Churchill Livingstone, Edimburg 2001

O’Sullivan PB: Lumbar segmental “instability”: Clinical presentation and specific stabilizing exercise management. Manual Therapy. 5 (1): 2-12, 2000

Piret S, Bezieres MM: La coordinazione motrice. Casa Editrice Idelson, Napoli 1976

Sahrmann SA: Diagnosis and treatment of movement impairment syndromes. Mosby, St. Louis, 2002

Stecco L, Stecco C: Manipolazione fasciale. Parte pratica. Piccin-Nuova Libraria, Padova 2007

Stecco L: La manipolazione neuroconnettivale. Editore Marrapese, Roma, 1996

Stefanelli G: Sistema stomatognatico nel contesto postural. Edi Ermes, Milano 2003

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