Perché i casi di Parkinson sono in aumento?

Una riflessione in occasione del Parkinson Awareness Month 2025
Aprile è il mese internazionale dedicato alla consapevolezza sul Parkinson. Un’occasione preziosa per fermarsi a riflettere su una malattia complessa e in costante crescita che, oggi più che mai, rappresenta una sfida globale non solo per la medicina, ma per la società intera.
Il morbo di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più comune al mondo dopo l'Alzheimer. Coinvolge il sistema nervoso centrale e compromette progressivamente il controllo motorio, ma anche funzioni cognitive ed emotive. Negli ultimi anni, però, una tendenza si sta facendo sempre più evidente: il numero dei casi è in rapido aumento, sia a livello globale che nazionale.
L’aumento dei casi: un dato che interroga
Secondo i dati del Global Burden of Disease Study 2021, nel 2021 si stimavano oltre 11,77 milioni di persone nel mondo affette da Parkinson. I tassi standardizzati per età sono aumentati significativamente:
- incidenza: 15,63 per 100.000;
- prevalenza: 138,63 per 100.000;
- anni vissuti con disabilità (DALYs): 89,59 per 100.000.
Le previsioni parlano chiaro: entro il 2050, secondo uno studio pubblicato su The Lancet Neurology, i pazienti potrebbero superare i 25 milioni.
In Italia, si stima che oltre 300.000 persone convivano con la malattia, con circa 6.000 nuovi casi ogni anno. La fascia d’età più colpita è quella over 65, ma circa il 50% delle diagnosi riguarda persone in età lavorativa. Un dato che smentisce l’idea del Parkinson come malattia “solo degli anziani” e che comporta importanti ripercussioni anche a livello lavorativo, familiare ed economico.
Le cause: tante ipotesi, nessuna certezza
A cosa è dovuto questo costante aumento?
Non c’è ad oggi una risposta univoca. È chiaro che l’invecchiamento della popolazione giochi un ruolo determinante: viviamo più a lungo e, quindi, aumenta anche l’esposizione a malattie neurodegenerative. Tuttavia, molti esperti concordano nel dire che non è l’unica spiegazione possibile.
Tra le possibili concause emergono:
- fattori ambientali, come l’esposizione a pesticidi, erbicidi, metalli pesanti e solventi industriali;
- inquinamento atmosferico, che sembra influenzare i processi neuroinfiammatori;
- fattori genetici (mutazioni nei geni LRRK2, PARK7, GBA1…);
- stile di vita moderno: stress cronico, mancanza di sonno, sedentarietà.
In molti casi, si parla di Parkinson idiopatico, ovvero senza una causa evidente: proprio questo rende la prevenzione estremamente difficile e l’identificazione precoce dei sintomi ancora più importante.
Una malattia che evolve e cambia volto
Il Parkinson non è una malattia uniforme. Oggi si riconoscono forme diverse, con sintomi motori e non motori che variano da paziente a paziente: tremore, rigidità, rallentamento nei movimenti, ma anche disturbi del sonno, dell’umore, dell’olfatto, problemi cognitivi.
Negli ultimi anni la diagnosi è migliorata, grazie all’uso della risonanza magnetica avanzata, dei traccianti dopaminergici, e soprattutto all’aumento della formazione specifica dei neurologi. Questo significa che oggi riusciamo a diagnosticare più casi e più precocemente. Ma l’aumento delle diagnosi non basta a spiegare il fenomeno.
Il ruolo crescente delle associazioni
Un altro segnale importante di questo cambiamento è la crescita del numero di associazioni dedicate al Parkinson, sia a livello nazionale che locale. In Italia, realtà come APM Parkinson, Parkinson Italia, Associazione Italiana Giovani Parkinsoniani, insieme a numerose realtà territoriali, offrono:
- supporto ai pazienti e ai caregiver;
- servizi di riabilitazione;
- attività fisica adattata;
- gruppi di ascolto;
- campagne informative.
Questo sviluppo del tessuto associativo riflette il bisogno crescente di risposte non solo sanitarie, ma anche sociali, relazionali ed emozionali. Il Parkinson infatti, non colpisce mai una persona sola: coinvolge l’intera rete familiare, lavorativa, affettiva.
La domanda resta aperta
Perché il Parkinson è in così forte aumento?
È davvero solo una conseguenza dell’invecchiamento o ci stiamo ammalando di più per come viviamo, per cosa mangiamo, per l’ambiente in cui siamo immersi?
L’aumento progressivo dei casi, la loro anticipazione in età sempre più giovani, la crescita del bisogno assistenziale ci pongono davanti a una sfida che è insieme medica, culturale e politica.
La ricerca è la chiave
La ricerca scientifica sta facendo passi importanti, ma c’è ancora molto da fare:
- studi genetici sempre più precisi per comprendere i meccanismi molecolari;
- identificazione di biomarcatori precoci per diagnosticare prima e meglio;
- nuovi farmaci per rallentare la progressione della malattia;
- terapie integrative: esercizio fisico, fisioterapia, stimolazione cerebrale profonda, mindfulness, logopedia.
Investire in ricerca oggi significa offrire una speranza concreta per il futuro a milioni di persone.
Una riflessione collettiva
Aprile, mese della consapevolezza, è il momento giusto per parlarne.
Non per generare allarme, ma per stimolare una riflessione consapevole e concreta.
Parlare del Parkinson oggi significa:
- guardare in faccia la realtà di una malattia in espansione;
- prendersi cura della dignità di chi ne è colpito;
- favorire diagnosi precoci e percorsi terapeutici personalizzati;
- sostenere caregiver e famiglie spesso invisibili;
- investire in prevenzione, ambiente, educazione sanitaria.
Fonti autorevoli
- Global Burden of Disease Study 2021 – The Lancet Neurology
- Parkinson’s Foundation – www.parkinson.org
- WHO – World Health Organization – www.who.int
- APM Parkinson e Parkinson Italia – www.parkinson-italia.it
- Johns Hopkins Medicine – Parkinson Disease Information – www.hopkinsmedicine.org
- Osservatorio Malattie Rare – www.osservatoriomalattierare.it
- PubMed Central: Prevalence and Incidence of Parkinson’s Disease in Italy - https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC7717000/pdf/ACTA-91-88.pdf