Condropatia femoro-rotulea e potenziamento del vasto mediale: il ruolo dello squat
Questo articolo fa da seguito a quello pubblicato pochi giorni fa ed intitolato “Condropatia femoro-rotulea e rinforzo muscolare”.
Condropatia femoro-rotulea e potenziamento del vasto mediale: il ruolo dello squat
Iniziamo da una nota di colore: il muscolo quadricipite dovrà probabilmente essere ribattezzato in “pentacipite” dato che recentemente dall’analisi di 26 cadeveri è stato scoperto un suo nuovo fascio chiamato “tensore del vasto intermedio” (Grob K et al. 2016). (figura 1)
Tale capo si trova fra il vasto intermedio e quello laterale, origina nella parte prossimale anteriore del femore fra il vasto laterale e intermedio per procedere con un’aponeurosi fino a far parte del tendine del quadricipite, attaccandosi alla patella; trattasi dunque di un muscolo capo corto. Si ipotizza che la sua funzione sia quella di contribuisce all’azione del vasto intermedio, creando tensione, da ciò il nome “tensore del vasto intermedio”.
La disquisizione di questo articolo nasce dal fatto che la cosidetta “patellar maltracking” è stata identificata essere una delle possibili cause biomeccaniche del dolore anteriore del ginocchio.
Si è sempre stati soliti partire dai tre seguenti presupposti:
- il VM ed il VL sono i muscoli protagonisti della deviazione rotulea sul piano frontale e di conseguenza una iperpressione rotulea esterna può essere causata da un deficit di forza e/o trofismo del VM;
- il potenziamento del VM è in grado di ristabilire il corretto tracking in caso di iperpressione rotulea esterna;
- i soggetti con condropatia femoro-rotulea presentano con grande frequenza atrofia del VM.
Quest’ultimo punto è stato però di recente smentito da un interessante studio (Giles et al. 2015) nel quale emerge come in soggetti sofferenti di condropatia femoro-rotulea unilaterale sia presente un’atrofia generalizzata del muscolo quadricipite e non prettamente specifica del VM.
Nell’articolo “Condropatia femoro-rotulea e potenziamento muscolare” abbiamo già disquisito riguardo a come la leg extension non possa costituire una valida proposta per il reclutamento elettivo del VM (anche se eseguita specificatamente negli ultimi 30 gradi di estensione). Ragioniamo ora, non più su un esercizio a catena cinetica aperta, bensì a catena cinetica chiusa: lo squat.
Empiricamente in ambito prevenzione/riabilitazione/performance si sostiene che lo squat, affinché sia in grado di esaltare l’attivazione del VM, debba essere eseguito nelle sue seguenti varianti:
- con il tallone rialzato mediante un decline board (video 1) o un hell lift (video 2)
- con una distanza ridotta dei piedi (narrow stance) (video 3)
- con tecniche che enfatizzano la porzione bassa del movimento (bottom position) (video 4)
Ma è davvero così? Proviamo a valutare per ognuno dei tre punti quanto la ricerca ha ad oggi dimostrato.
OPZIONE 1: SQUAT CON RETROPIEDE RIALZATO
Lo “squat unilateterale eccentrico su piano declinato” (video 3) si è rivelato essere in grado di fornire una maggiore attivazione COMPLESSIVA di tutti i capi del muscolo quadricipite (Kongsgaard et al. 2006; Zwerver et al. 2007; Frohm et al. 2007).
Video 1. Squat unilateterale eccentrico su piano declinato
Alle medesime conclusioni sono giunti altri autori (Sato et al. 2013; Sinclair et al. 2014) che invece dell’utilizzo del piano inclinato, hanno preso in esame scarpe aventi la zona del retropiede rialzata, scarpe per altro tipiche in chi pratica sport di forza come il weightlifting o il powerlifting. (video 4)
Video 2. Squat con scarpa da powerlifting (retropiede rialzato rispetto all'avampiede)
In tutti gli studi in cui si è rilevata una maggiore attivazione del quadricipite a seguito del rialzo del tallone (Edwards et al. 2008; Ki et al. 2014; Yu et al. 2014; Lee et a. 2015) non è stato tuttavia riscontrato un cambiamento delle percentuali di attivazione del VM a confronto con il vasto laterale (VL) (grafico 1, da Ki et al. 2014).
Grafico 1. Attivazione elettromiografica del vasto mediale su piano declinato, piatto ed inclinato.
Per di più in un recentissimo lavoro di Slater & Hart (2016) che ha valutato l’EMG del quadricipite nello squat a corpo libero effettuato con rialzo dei talloni in soggetti NEOFITI è addirittura emerso un incremento dell’attività del VL rispetto al VM.
OPZIONE 2: SQUAT CON DISTANZA BIPODALICA RIDOTTA
Diversi studi effettuati nell’ultimo ventennio, tra cui un lavoro di Antonio Paoli del 2009, non hanno riscontrato differenze significative di attivazione del VM rispetto al VL modificando la larghezza dei piedi nello Squat (narrow stance squats vs wide stance barbell back squats) (McCaw & Melrose 1999; Escamilla et al. 2001). (video 5)
Video 3. Squat con hell lift
Nemmeno Squat eseguiti con differenti gradi di rotazione delle anche e “conseguenti” piedi intra od extraruotati si sono rivelati efficaci nell’incrementare l’attivazione del VM (Ninos et al. 1997)
OPZIONE 3: SQUAT ESEGUITO CON FOCUS SULLA PORZIONE BASSA DEL MOVIMENTO
Possiamo definire lo Squat come un movimento a curva di forza discendente, ovvero la porzione più impegnativa del movimento avviene ad inizio della fase concentrica (bottom position) e lo sforzo relativo va mano a mano diminuendo durante la risalita (Escamilla et al. 2001b). Come dimostrato da Escamilla et al. 1998 è perciò sensato pensare che nella bottom position l’attivazione di tutto il quadricipite sia al suo apice.
L’entità dell’attivazione del VL e VM durante lo squat eseguito a ROM completo è molto simile tra i due capi (Signorile et al. 1994; Wilk et al. 1996; Ninos et al. 1997; Mirzabeigi et al. 1999; Escamilla et al. 2001a; Andersen et al. 2006).
Le cose non sembrano cambiare anche alla “bottom position” (video 6) : tale pare essere infatti il tratto in cui tutti e 4 i capi raggiungono la loro massima attivazione EMG (89 – 95 gradi) (Escamilla et al. 2001a).
Video 4. Squat con pausa in bottom position
Andersen et al. (2006) hanno misurato l’attivazione EMG del VM e del VL nello Squat ad intervalli di 10° di piegamento del ginocchio ed hanno poi calcolato il loro rapporto: come visualizzabile nel grafico 2, in nessuno dei gradi presi in considerazione si evidenzia un picco di attivazione del VM rispetto al VL.
Grafico 2. Attivazione elettromiografica del vasto mediale e del vasto laterale a diversi range di piegamento del ginocchio durante lo squat
Possiamo dunque affermare, come confermato anche in altri studi (Ninos et al. 1997, De Ruiter et al. 2008) che l’aumento di profondità del range of movemente dello Squat non esalta l’attivazione del VM rispetto al VL.
Terminata la pars destruens dell’articolo, vi rimandiamo alla II parte per la pars costruens. Proveremo ad ipotizzare alcune possibili strategie lasciandovi intanto con un indizio: e se l’attivazione del VM passasse per una corretta valutazione del bacino e delle relative catene miofasciali?
A presto!
BIBLIOGRAFIA
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