Volleyball e Ginocchio: Saltando Sin Parar [Parte 2]

Volleyball e Ginocchio Saltando Sin Parar 001 spine centerHo praticato per anni pallavolo, ho potuto assistere ahimè non infrequentemente ad infortuni da sovraccarico al ginocchio che io stesso ho dovuto purtroppo affrontare.

E’ un infortunio che comunemente si verifica negli sport in cui vi sono movimenti esplosivi che coinvolgono il ginocchio, la prevalenza d’insorgenza negli atleti d’elite di pallavolo è del 45% (Lian, 2005).

Il problema è evidentemente il sovraccarico ripetuto caratteristico di alcuni sport, ma per approfondirne l’eziopatogenesi e le cause patogenetiche rimando a questo articolo.

Cosa fare con un atleta che ha questo tipo di problema, la classica tendinopatia rotulea (TR) da sovraccarico? Le evidenze provenienti dal mondo scientifico attualmente forniscono una soluzione analgesica (da anàlgos, “senza dolore”) al problema.

Gli studi meno recenti si sono sempre concentrati sul rinforzo muscolare di tipo eccentrico per risolvere il “jumper’s knee”. In contesto di TR l’allenamento eccentrico è stato presentato per la prima volta da Curwin e Stanish nel 1984: quando l’allenamento risultava indolore, il carico aumentava prima mediante l’aumento di velocità e poi incrementando il carico.

Il mondo della ricerca non era mai stato particolarmente attento a questo tipo di trattamento, finchè Alfredson et al pubblicarono il loro paper sulla tendinopatia achillea nel 1998. Qui il protocollo era leggermente diverso, cioè con movimento lento, incrementi solo di carico e attività anche con dolore.

Parte di queste evidenze sono state raccolte in una review pubblicata nel 2007 (Visnes, 2007), tra queste vi sono anche RCT (randomised clinical trial) con soggetti pallavolisti/e (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/…/artic…/PMC2658948/table/tbl2/).

Volleyball e Ginocchio Saltando Sin Parar 002 spine centerI sette studi considerati stimarono, nel complesso, una possibilità di miglioramento della funzione del ginocchio e del dolore stesso del paziente che si aggirava tra il 50 ed il 70%, in modo da permettere un ritorno all’attività sportiva pre-infortunio. Tuttavia i risultati vennero considerati con cautela, in quanto ogni studio prevedeva programmi eccentrici differenti: drop squat o movimento eccentrico lento, squat declinato o a livello pavimento, esercizio con dolore tendineo o senza dolore tendineo, carico nella fase eccentrica o in entrambe le fasi, progressione in velocità e poi in carico o solo in carico. Ad esempio lo squat declinato, attraverso l’utilizzo di una board declinata di 25°, venne utilizzato in ben cinque studi [immagine A].

Lo strumento fu introdotto in seguito ad un’analisi biomeccanica di Purdam (e altri autori), in quanto in quella posizione il carico era massimizzato per il tendine e la posizione eretta del tronco minimizzava il coinvolgimento degli estensori d’anca. Tale revisione concluse affermando che i programmi avrebbero dovuto includere l’utilizzo di una tavoletta declinata, dovessero essere eseguiti con un certo livello di discomfort e che gli atleti avrebbero dovuto rinunciare momentaneamente all’attività sportiva.

Più recentemente un altro studio (Malliaras, 2013) si occupò di analizzare gli adattamenti del tendine patellare sano in relazione all’intensità di carico e al tipo di contrazione (concentrica, eccentrica, eccentrica ad alto carico), evidenziando come un allenamento eccentrico ad alto carico fosse il più efficace nel promuovere un aumento di forza, stiffness e modulo elastico del tendine. Lo studio riportò come tuttavia sarebbero stati necessari ulteriori approfondimenti per confermare gli stessi risultati con soggetti sintomatici, in quanto un tendine patologico avrebbe potuto reagire in modo più lento e/o diverso allo stimolo del carico.

Ad esempio secondo Malliaras (2006) la TA (tendon abnormality) e il dolore non sembrano essere del tutto dipendenti dal carico.

Presto detto altri studi fornirono risultati che tesero a screditare l’allenamento eccentrico, a seguito del quale non si notarono miglioramenti, anzi in alcuni peggiorarono i sintomi dolorosi. Inoltre, se il protocollo veniva eseguito durante la stagione sportiva l’aderenza era bassa a causa dell’insorgenza del dolore durante l’esercizio (Purdam, 2004; Visnes 2007; Fredberg 2008).

Volleyball e Ginocchio Saltando Sin Parar 003 spine centerAddirittura, quando l’allenamento eccentrico venne utilizzato come profilassi preventiva (senza TP) risultò un aumentato rischio di sviluppo di jumper’s knee (Fredberg, 2008).

Vecchi studi che confrontarono l’allenamento eccentrico anche sul tendine d’Achille in effetti avevano riportato un aumento di dolore nelle prime 2-4 settimane (Alfredson, 1998)

Più tardi la letteratura si “allontanò” da queste soluzioni prendendo in considerazione l’allenamento isometrico.

Un’ interessante ricerca di Rio (Rio, 2015) su 6 pallavolisti maschi affetti da TP confrontò l’allenamento isometrico con l’allenamento isotonico. Attraverso un single-leg decline squat (SLDS) si vide come l’isometria (Biodex Pro: 5×45 s at 60°, 2 min rest, 70% MVC) riduceva il dolore non solo nell’immediato, ma anche fino a 45 minuti successivi all’esercizio, mentre la riduzione del dolore con l’allenamento isotonico (Leg extension machine: 4×8 repetitions, 2 min rest, 100% 8RM) non era così efficace fino a 45 minuti.

Inoltre si vide come l’isometria permetteva un aumento della massima contrazione volontaria isometrica (+19%) nell’immediato e fino a 45 minuti successivi, cosa non avvenuta con l’allenamento isotonico.

Al momento non è ancora chiaro se l’effetto con protocolli più lunghi possa durare per più tempo.

Altre ricerche riscontrarono come sia l’allenamento isometrico che isotonico potevano ridurre il dolore senza trascurare l’attività sportiva (Naugle, 2012; Kongsgaars 2015; Van Ark, 2015).

Mentre le contrazioni muscolari isotoniche (resistance training ad alto carico, lento, 3-5 volte/sett) portavano ad una significativa riduzione del dolore dopo un programma di 12 settimane (Kongsgaard, 2009; Cannel, 2001).

Alcuni studi suggerirono l’allenamento isometrico come una soluzione acuta al dolore e, viceversa, l’allenamento isotonico come una soluzione più graduale di diminuzione del dolore (Cannel, 2001; Rio, 2014).

La pubblicazione più recente è di quest’anno ed è sempre volta al confronto isometrico (5×45 s @ 80%MVIC) / isotonico (4×8 @ 80% 8RM): 20 atleti tra pallavolisti e giocatori di basket con TP sono stati considerati, hanno continuato a giocare e ad allenarsi 3 volte/sett. per 4 settimane (la durata dello studio). Il lavoro in isometria ha portato un effetto analgesico immediato rispetto al lavoro isotonico per tutta la durata del protocollo, anche se entrambi gli allenamenti hanno ridotto il dolore permettendo di non rinunciare al proprio sport (Rio, 2016).

In una review del 2013 (Heales, 2014) si sottolinea come la tendinopatia unilaterale coinvolga pesantemente il sistema nervoso motorio e sensitivo bilaterale. Sportivi saltatori con una tendinopatia rotulea hanno una maggiore eccitabilità corticospinale del quadricipite coinvolto rispetto ad un gruppo di soggetti con anterior knee pain e al gruppo di controllo asintomatico. Ciò può avere dei risvolti importanti in termini di recupero, la riabilitazione potrebbe dover considerare il lato controlaterale sano all’interno del protocollo d’allenamento (Rio et al, 2015).

Sulle reali motivazioni del perché il lavoro isometrico sia un lavoro superiore ad altri per la TC non vi è ancora una definitiva spiegazione.

Gli esercizi eseguiti in condizioni di dolore possono cambiare il controllo motorio e causare una riorganizzazione corticale, nel senso che il dolore stesso è risaputo alterare la rappresentazione corticale (Tsao, 2011).

L’esercizio è in grado di cambiare le misure eccitatorie ed inibitorie che coinvolgono il sistema nervoso (Goodwill, 2012; Pitman, 2012).

In tale contesto dobbiamo considerare la SICI (short-interval intracortical inhibition) e i recettori GABAA: i recettori GABAA mediano l’azione inibitoria veloce SICI (minore di 100 ms) (Ziemann, 2003).

Il meccanismo di inibizione presinaptica si attua prevalentemente a livello del midollo spinale in alcune sinapsi che modulano l’attività dei motoneuroni. In queste sinapsi i recettori GABAA si trovano su terminazioni nervose ad azione eccitatoria sui motoneuroni. L’attivazione di questi recettori si traduce in una fuoriuscita di ioni cloro, presenti in elevate concentrazioni intracellulari, con conseguente depolarizzazione di membrana e inibizione funzionale del terminale eccitatorio, con conseguente ridotta attivazione del motoneurone.

Pare che l’isometria (al contrario del lavoro isotonico) intervenga sulla soglia d’attivazione di questi recettori, modulando di conseguenza la SICI, scatenando l’inibizione motoria.

Il rilascio dell’inibizione corticale è quindi associato con la riduzione del dolore; lo stesso aumento di MVIC post-esercizio isometrico potrebbe essere attribuibile ad una diminuzione dell’inibizione intracorticale.

I risultati ci dicono che non è semplicemente il carico a produrre un effetto, perciò se l’isometria al 70-80% della MVC riduce il dolore, un’aumentata inibizione potrebbe essere un metodo per ridurre il reclutamento motorio del quadricipite.

La complessità nasce dal fatto che durante il lavoro isometrico vi possono essere particolari cambiamenti nel metabolismo cellulare, nell’espressione recettoriale e nell’ambiente biochimico del tessuto coinvolto che sono poi trasmessi al sistema nervoso centrale (Rio, 2015).

Le strategie e i segnali di attivazione spinale e sovraspinale possono quindi dipendere dal tipo di contrazione (Duchateau, 2008).

Ad esempio è risaputo che la percentuale di unità motorie attivate durante una contrazione isometrica è significativamente più alto rispetto a una contrazione eccentrica o concentrica (Babault, 2001).

E che l’allenamento della forza modula l’inibizione nella popolazione sana (Aagaard, 1985).

Senza entrare in discorsi troppo complessi, c’è un TAKE HOME MESSAGE: l’esercizio isometrico al momento sembra un’ottima soluzione alla TP, permettendo una riduzione del dolore.

Questo è importantissimo, non solo perché il giocatore può stare meglio e non rinunciare agli allenamenti, ma anche perché ridurre il dolore significa rimuovere la paura dell’esercizio (Vlaeyen, 2000), migliorare la self-efficacy (Wiech,2006), migliorare il senso di ansia (Wiech, 2014).

Altro fattore importante è l’incremento del carico all’interno del protocollo riabilitativo, fondamentale per ridurre il dolore (Rio, 2015).

Per gli studi futuri aspetto interessante potrebbe essere il timing di applicazione d’intervento (pre/post training o nei rest days) (Rio, 2016)

Infine un appunto: alcuni dei più recenti studi che ho citato riportano come limite una mancata supervisione durante le sessioni di esercizi; ecco sarebbe necessaria una figura come il laureato in scienze motorie o un esperto per questo tipo di lavoro, che ragioni con buon senso, rimembrando le evidenze della scienza.


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