Diaframma Toracico: funzione

Diaframma Toracico funzione 001 spine centerL’esistenza dell’uomo e di tutti gli esseri viventi, può essere garantita solo quando le funzioni dette egemoniche (Greco “hegemon”: capo) quali la respirazione, la circolazione, la nutrizione, la digestione, ecc…, sono soddisfatte. Tali funzioni sono essenzialmente controllate dal sistema vegetativo, che ne regola il giusto ritmo e non necessitano dell’intervento della volontà.

Al momento della nascita, il diaframma segna il passaggio dalla vita intrauterina a quella extrauterina, con una contrazione che permette di inspirare.

Il diaframma è l’unico organo che, pur presiedendo ad una funzione egemonica, ha la possibilità di essere attivato sia autonomamente sia volontariamente, perché regolato sia del sistema nervoso autonomo sia del sistema nervoso centrale. Questa duplice peculiarità gli consente di governare la respirazione e di coadiuvare la digestione e la circolazione, se attivato involontariamente, o di permettere funzioni quali la fonazione, l’equilibrio postura statica eretta e di interrompere il ciclo respiratorio (apnea) se attivato consciamente.

E’ in genere sottostimato l’importantissimo ruolo che il diaframma recita nella digestion e nella circolazione vascolo-linfatica. Di fatto molte persone lamentano una cattiva circolazione o disturbi digestivi, senza peraltro presentare alcun difetto né a carico del cuore, né a carico dell’apparato digerente, dovuti ad una scarsa mobilità diaframmatica.

In questo articolo prenderemo in considerazione solo la funzione respiratoria e di stabilizzatore posturale, lasciando ai prossimi articoli il ruolo svolto dal diaframma in altre funzioni.

Diaframma toracico e respirazione

La nostra respirazione è regolata dal sistema nervoso autonomo, ma può essere condizionata dalla volontà, infatti, possiamo per periodi limitati, sospenderla o accentuarla. Ora esaminiamo come avviene un ciclo respiratorio. Il ciclo respiratorio è suddivisibile in quattro fasi:

  1. Inspirazione;
  2. Fase intermedia d’apnea inspiratoria, prima che avvenga l’espirazione;
  3. Espirazione;
  4. Fase intermedia d’apnea espiratoria, prima che riparta il ciclo respiratoria
Diaframma Toracico funzione 002 spine center fig. 1a – immagini RMN sincronizzate con la spirometria della massima posizione craniale e caudale della posizione del diaframma durante una respirazione rilassata (volume corrente)

L’inspirazione e l’espirazione a loro volta possono essere suddivise in:

Inspirazione a riposo, che avviene attivamente per mezzo dell’azione del diaframma, che contraendosi si abbassa creando successivamente un gradiente pressorio intratoracico negativo, rispetto all’ambiente esterno, cui segue un “riempimento” spontaneo dei polmoni. Sappiamo infatti che i polmoni sono contenitori passivi, ciascuno dei quali è avvolto da due membrane, le pleure, di cui quella interna (viscerale) è a contatto con il tessuto polmonare e quella esterna (parietale), con la gabbia toracica;

Inspirazione forzata, che avviene attivamente attraverso la collaborazione del diaframma e dei muscoli accessori inspiratori reclutabili, con il fine di garantire l’apporto necessario d’ossigeno ai muscoli che stanno compiendo il lavoro;

Espirazione a riposo, che avviene passivamente grazie alla restituzione al diaframma della forza, precedentemente incamerata in fase inspiratoria, dagli addominali e dai perineali, e al legamento freno-pericardico che restituisce la forza elastica al diaframma, accumulata nella fase discendente del diaframma stesso, permettendo così a quest’ultimo di risalire in posizione d’equilibrio svuotando progressivamente i polmoni;

Espirazione forzata, che avviene attivamente sia grazie ai meccanismi dell’espirazione a riposo, sia alla contrazione vigorosa del traverso dell’addome che comprime la massa viscerale in senso antero-posteriore facendo cosi risalire bruscamente il diaframma oltre la posizione d’equilibrio, affinché possa “spremere” i polmoni. Il tutto viene coadiuvato, anche dall’azione della forza di gravità che attira verso il basso la cassa toracica enfatizzando maggiormente lo svuotamento polmonare. Anche i muscoli intercostali, se trovano punto fisso in basso, ossia grazie all’azione di tenuta degli addominali, contraendosi faranno abbassare il costato

Nella respirazione di limitata ampiezza, ad esempio in un soggetto a riposo, la contrazione del diaframma, utilizzando gli ancoraggi lombari, costali e sternali abbassa il centro frenico; in tale modo aumenta il diametro verticale del torace creando una depressione toracica e un aumento di pressione nella cavità addominale. Il movimento del diaframma durante la respirazione, può essere paragonato, in chiave meccanica, a quello di uno stantuffo; infatti, il diaframma contraendosi discende distalmente generando la fase inspiratoria e risalendo genera quella espiratoria.

Durante la respirazione, in condizione di tranquillità detto anche Respirazione Corrente o Tidal Breathing, la quantità daria che viene mobilizzata con ciascun atto respiratorio non forzato e di circa 300-500 ml, il diaframma presenta un accorciamento del 5-10% per ogni atto respiratorio, ma durante la massima ventilazione volontaria e la ventilazione sotto sforzo si accorcia del 20% fino al 40% per ogni atto respiratorio. La sua capacità d’escursione misura all’apice è di circa 27.3±10.2 mm durante il volume corrente, mentre durante un’inspirazione forzat e trattenuta raggiunge i 32.45±16.19 mm (fig. 1a, 1b). Il movimento dell’angolo costo frenico posteriore risulta essere di 39±17.6 mm durante il volume corrente e di 45.48±21.21 mm durante un’inspirazione trattenuta (Kolar et al 2009).

Diaframma Toracico funzione 003 spine center fig. 1b – immagini RMN sincronizzate con la spirometria della massima posizione craniale e caudale della posizione del diaframma durante una inspirazione forzata e tenuta

L’escursione del diaframma nella respirazione a riposo è di circa 2,5 centimetri, che si traduce in un’immissione d’aria di poco superiore a 0,5 litri; in un minuto gli atti respiratori variano dai 12 ai 14 per un totale di 6 o 7 litri d’aria circa d’aria movimentata. Questo abbassamento del centro frenico, però, è limitato dalla presenza della massa dei visceri addominali e dalla messa in tensione degli elementi di sospensione del mediastino (fig. 2).Per Shouchard (1995) il centro frenico è frenato, nella sua discesa, principalmente dal sistema sospensore del pericardio (fascia cervico-toraco-addomino-pelvica), visto che, sia gli addominali che il diaframma pelvico, strutture che si oppongono allo spostamento e compressione dei sistema viscerale, presentano una notevole estensibilità.  In questo caso l’azione del pacchetto viscerale addominale si trova ridotta ad una semplice puleggia di riflessione. In realtà se si prova a forzare l’inspirazione ci rendiamo conto che la testa e il rachide cervicale vengono portati in estensione, ciò dovrebbe rendere più stabile l’ancoragio del centro frenico. Questa meccanica porta a considerare le strutture connettivali del mediastino con l’ancoraggio cervico-dorsale come una forma di tendine del diaframma. Questa connessione può essere paragonata alla corda degli ombrelloni da giardino, dove la trazione comporta l’elevazione delle bacchette e di conseguenza l’apertura dell’ombrellone.

I viscere comunque creano un ostacolo alla espansione del diaframma; sono in linea con questa visione i risultati di un lavoro (Takazakura et al 2004) che riscontra, valutando con la RMN dinamica, una maggiore escursione del diaframma, soprattutto della componente posteriore, in posizione supina rispetto alla posizione seduta. Nella posizione supina, per la pressione esercitata, i visceri influenzano maggiormente l’abbassamento del diaframma; per tale motivo l’anziano preferisce dormine in posizione semiseduta e l’anestesista preferisce avere il paziente in questa posizione durante l’anestesia generale (Nielsen et al. 2003) e tronculari di plesso nella chirurgia di spalla (Raheder 1998).

Diaframma Toracico funzione 004 spine center fig. 2 – schematizzazione biomeccanica di come il diaframma elevi le coste (da Kapandji modificato)

Nello schema ripreso da Kapandji (1996) (fig. 2), a partire dal momento che il centro frenico diventa il punto fisso (freccia rossa), le fibre muscolari che meccanicamente agiscono, a partire dalla periferia di tale centro, (freccia gialla) diventano elevatrici delle coste inferiori. In effetti, se si considera il punto P come fisso e la costa che ruota attorno al centro O, la sua estremità descrive un arco di circonferenza AB mentre la sua fibra muscolare corrispondente si accorcia di una distanza AR sollevando le coste inferiori. Il diaframma aumenta il diametro trasverso della parte inferiore del torace, ma contemporaneamente, per mezzo dello sterno, coadiuvato dai muscoli inspiratori accessori, innalza anche le coste superiori e conseguentemente aumenta anche il diametro antero­posteriore. Si può dunque affermare, secondo Kapandji (1996), che il diaframma è un muscolo essenziale ed autonomo nella meccanica respiratoria in quanto da solo riesce ad aumentare i tre diametri del volume toracico:

– aumento del diametro verticale per abbassamento del centro frenico;

– aumento del diametro laterale per l’innalzarsi delle coste inferiori;

– aumento del diametro antero-posteriore per l’innalzarsi delle superiori mediato dallo sterno.

Contravvenendo a quello che è il pensiero comune, della maggior parte degli Autori, sulla funzione del diaframma, Bienfait (1997) considera tale muscolo semplicemente un elevatore della griglia costale, quindi utilizzato solo nella seconda parte dell’inspirazione, negando una respirazione addominale.


Che il diaframma sviluppi la sua funzione solo sollevando le coste, ci sembra alquanto improbabile come teoria per due motivi: 1) respirare soltando facendo leva sui visceri, per sollevare la griglia costale, non ci sembra una scelta logica, per questa funzione sarebbe preferibile utilizzare i muscoli accessori e l’estensione vertebrale; 2) guardando la figura 2, in cui la contrazione del diaframma comporta una elevazione delle costa, si può notare che la risultante diaframmatica presenta una componente orizzontale che trazionerebbe medialmente la costa. Le coste inferiori sappiamo che hanno un’alta flessibilità per l’abbondante componente cartilaginea, quindi è facile che tale trazione faccia flettere internamente la costa più che farla sollevare. Questo comporta che il guadagno del diametro latero-laterale dovuto all’innalzamento della costa si perde per la torsione mediale. Lo stesso dicasi per le fibre anteriori del diaframma sul diametro antero-posteriore. Nel controllo del consumo energetico sembra più logico che le coste si innalzino attraverso l’attivazione degli intercostali, coadiuvati dagli inspiratori accessori (cervicali e scapolari) per la stabilizzazione a monte. Un lavoro di Grassino del 1978, quindi non recente, conferma l’erronea visione di Bienfait, riscontrando una maggiore azione del diaframma, durante l’accorciamento, sui visceri addominali che non sul polmone.

Si comprende comunque l’importanza del diaframma nella fisiologia della respirazione. Bisogna aggiungere che il diaframma è un muscolo che si differenzia dalla maggior parte degli altri del nostro corpo per due motivi: 1) l’azione si sviluppa su un piano diverso da quello del lungo asse delle fibre muscolari (Boriek et al 2001 ) ; 2) presenta pochi ed inefficaci fusi neuromuscolari (Jammes et al 2000; Easton et al 1999,), mentre sono presenti dei rilevatori di tensione (De Troyer e 1999).

Un lavoro (Kondo e al 2005) eseguito con la risonanza magnetica dinamica per valutare l’espansione del diaframma, constata che esiste una coordinata attività tra la porzione posteriore e media del diaframma linearmente correlata con il volume polmonare. Mentre non vi è correlazione con la porzione anteriore ed il movimento trasverso della grabbia toracica superiore ed inferiore.

In condizioni fisiologiche l’inspirazione tranquilla, in posizione supina, avviene per opera del diaframma, mentre la fase espiratoria avviene passivamente. L’assunzione della posizione eretta è già sufficiente ad indurre il reclutamento dei muscoli scaleni, nonché il reclutamento fasico e tonico dei muscoli addominali in fase espiratoria (Stein 1994).

La respirazione normale richiede un bassissimo dispendio energetico e la percezione dello sforzo risulta trascurabile. Le resistenza muscolare al lavoro di questi muscoli è elevata, infatti, circa il 75% delle fibre del diaframma possiede buone o eccellenti caratteristiche intrinseche di resistenza con una maggiore quantità di mitocondri ed attività antiossidante (Caillaud et al 1999) ed un abbondante apporto ematico.

Quando il diaframma è in blocco, ad esempio nei casi di anestesia tronculare in cui viene coinvolto anche il nervo frenico, per gli interventi di chirurgia sulla spalla, la dilatazione polmonare è data unicamente dai muscoli accessori.

La correlazione tra diaframma e intercostali non è ancora del tutto chiara. Utilizzando come cavie dei cani, uno studio (De Troyer et al 1999) riporta una notevole inibizione riflessa degli intercostali esterni secondaria all’applicazione di una forza craniale sul tendine centrale del diaframma. Tale inibizione riflessa sembra mediata da ricettori della tensione e non dai fusi neuromuscolari e coinvolge delle strutture nervose sovraspinali.

Per comprendere l’azione, non solo dei muscoli accessori, ma anche come abbiamo visto precedentemente del diaframma, è importante soffermarsi sul concetto di catene muscolari e sul ruolo del gestore del movimento rappresentato dal sistema nervoso centrale.

Abbiamo la consuetudine di suddividere i muscoli del nostro corpo in base alla funzione, ciò pur essendo, da un punto di vista didattico, un utile metodo di memorizzazione spesso induce in errore. L’unica funzione che hanno i muscoli è quella , durante la contrazione, di avvicinare i punti di ancoraggio inserzionale. Il muscolo non presente un origine ed un’inserzione, come didatticamente Kendall et al (1994) riporta, ma due inserzioni. In base alle masse di ancoraggio si determinerà il grado di spostamento dei punti inserzionionali. Il nostro elaboratore centrale, gestisce il movimento attraverso l’attivazione dinamica (concentrica) del muscolo principale e la contrazione statica (isometrica) di un’altra serie di muscoli amonte o avalle, i quali che non fanno altro che aumentare la massa di uno dei due punti di ancoraggio. Il punto con maggiore massa di ancoraggio si muoverà meno rispetto al punto con minore massa. Ad esempio il ginnasta sospeso agli anelli, utilizza gli adduttori della spalla per sospendere il corpo e non per addutte l’omero. In una condizione di completo rilassamento muscolare il cranio ha una massa minore del torace, quindi la contrazione degli scaleni determinerà un piccolo movimento del torace e un grande movimento del rachide cervicale, soprattutto se il soggetto è in posizione eretta. Per tale motivo a livello didattico lo scaleno anteriore viene considerato un flessore, inclinatore omolaterale e rotatore controlaterale del collo (Kendall 1994).

Nel caso in cui i muscoli posteriori del collo si contraggono isometricamente stabilizzando rachide cervicale al rachide dorsale e lombare, l’ancoraggio a monte dello scaleno anteriore diventa, come massa peso, maggiore dell’ancoraggio a valle a livello della prima costa. Ciò comporterà, durante la contrazione, l’innalzamento della prima costa, coadiuvando in tal modo all’espansione della gabbia toracica e quindi l’inspirazione. Ecco, quindi, che in modo indiretto i muscoli paravertebrali del rachide diventano dei muscoli inspiratori accessori. L’approccio alla biomeccanica del corpo umano attraverso le catene muscolo-connettivale non fa altro che prendere in considerazione globalmente come avviene il movimento, senza trascurare ciò che non si vede, da un punto di vista cinematico, ma che risulta essenziale all’ergonomica realizzazione dell’azione.

I muscoli spinali coadiuvano dinamicamente all’inspirazione mediante due meccanismi: 1) attraverso l’estensione che inducono alla colonna vertebrale determinano l’apertura della porzione anteriore della griglia costale; 2) per la trazione verso il basso della parte posteriore delle coste, la quale induce un innalzamento (rotazione esterna) della parte anteriore, attraverso un meccanismo a leva di pompa.

Sempre gli stessi muscoli partecipano alla respirazione attraverso un’azione statica di stabilizzazione del rachide cervicale e dorsale. Questi tratti a loro volta danno un solido aggancio ai muscoli respiratori accessori.

Per tale motivo i muscoli spinali sono importanti per la comprensione di molte alterazioni sintomatiche e asintomatiche delle curve del rachide superiore, secondarie a turbe delle respirazione.
I muscoli spinali si suddividono in base alle inserzioni (vedi capitolo muscoli del tronco), alla profondità o alla posizione più o meno mediana.

Diaframma Toracico funzione 005 spine centerfig. 3 – suddivisione dei muscoli spinali in base alla collocazione medio-laterale


In base alla collocazione medio laterale si può suddividere per sommi capi (fig 3): uno strato mediale profondo composto principalmente dal trasversospinale (multifido) (fig. 4); uno strato intermedio profondo composto dal lunghissimo del dorso (fig; 5) uno strato laterale inquadrabile con l’ileocostale (fig. 6); ed uno strato mediale superficiale composto dall’epispinoso (fig. 7).

fig. 4 – rappresentazione del multifido componente del trasversospinale
Diaframma Toracico funzione 006 spine centerfig. 5 – rappresentazione del lunghissimo toracico componente dell’erettore spinale
Diaframma Toracico funzione 007 spine centerfig. 6 – rappresentazione dell’ileocostale lombare, componente dell’erettore spinale
Diaframma Toracico funzione 008 spine centerfig. 7 – reperto anatomico dei muscoli paravertebrali dorsali, in evidenza l’epispinoso
Diaframma Toracico funzione 009 spine center fig. 8 – rappresentazione della coppia di forza elevatore delle coste- ileocostale

Prendono inserzione direttamente sulle coste i gruppi muscolari più superficiali ed esterni: l’ileocostale lombare e il lunghissimo toracico. Per Souchard l’azione di questi muscoli è di tipo inspiratorio direttamente sulle coste. Il movimento costale è alquanto complesso, avviene attraverso una rotazione della porzione posteriore della costa sull’articolazione costo-vertebrale (vedi la biomeccanica costale descritta in precedenza). La trazione verso il basso di questi muscoli porterebbe in basso (rotazione esterna) la porzione posteriore costale, determinando un innalzamento della porzione anteriore per un meccanismo di leva di primo tipo. Tale meccanismo però prevede che il fulcro di movimento costale sia situato anteriormente all’inserzione di questi muscoli e ciò non sembra reale ma se anche fosse dovremmo considerare i muscoli elevatori delle coste, muscoli universalmente riconosciuti come inspiratori, eccetto che per Busquet (1993), muscoli espiratori visto che il loro asse d’azione è opposto all’ileocostale e al lunghissimo toracico. Un’ipotesi che andrebbe confermata, attraverso uno studio approfondito delle inserzioni di questi muscoli, è una funzione di coppia di forza che tali muscoli potrebbero sviluppare con i muscoli elevatori delle coste. In effetti i muscoli elevatori costali facendo scivolare le superfici dell’articolazione costo-trasversaria, portano verso l’alto le coste su un piano, l’azione di questi muscoli vertebrali potrebbe creare la componente posteriore di una coppia di forza che trasformerebbe l’azione di traslazione (scivolamento) in rotatoria (rotolamento) (fig. 8).


La funzione respiratoria di questi muscoli, quindi, potrebbe essere di supporto ai legamenti all’articolazione costo-trasversaria e quindi avere un ruolo di stabilizzazione e di cordinazione alla realizzazione del movimento costale. Se la loro azione dinamica (concentrica) è isolata, trazionano le ultime dieci coste verso il basso, quindi soprattutto per le coste alte sono da considerarsi degli espiratori; se l’azione isometrica (o eccentrica) è combinata alla contrazione degli elevatori delle coste (sovracostali e intercostali esterni) sono da considerarsi degli inspiratori.

Per completare la funzione respiratoria dei muscoli delle docce spinali bisogna approfondire la biomeccanica dei muscoli accessori.

Se prendiamo come esempio gli scaleni, muscoli che collegano le prime due coste al rachide cervicale la contrazione avvicina i due punti inserzionali , se non intervenissero gli estensori del rachide cervicale, a stabilizzare l’inserzione craniale, l’effetto della contrazione sarebbe quella di flettere il collo, soprattutto in posizione ortostatica sotto l’azione della forza di gravità. Tali muscoli presentano un’alta componente di fibre bianche perchè considerati principalmente muscoli fasici adibiti alla respirazione. Ma quando forzati ad un iperlavoro, come nelle patologie asmatiche, in cui tentano di mantenere le coste superiori in elevazione, in modo da aumentare la capacità polmonare, le loro fibre si modificano in fibre rosse e si accorciano incrementando la componente connettivale, diventando dei muscoli condizionanti la postura (Lewit 1985).

L’azione dei muscoli spinali, quindi, coadiuva alla respirazione creando dei punti fissi per permettere l’attivazione dei muscoli cervico-nucali (respirazione cervicale) e scapolari (respirazione scapolare). La respirazione cervicale, in stazione eretta, permette la funzionalità dello SCOM e degli scaleni come muscoli inspiratori e non come flessori del testa e del collo. A partire da questi punti fissi, gli intercostali esterni possono garantire una maggiore efficacia inspiratoria.

La respirazione scapolare è resa possibile da uno stabile ancoraggio dorsale alto fornito dai muscoli trasversospinale e sacrospinale. Quando la scapola viene utilizzata come punto fisso, grazie all’azione del romboide e del trapezio medio e superiore, la respirazione di origine scapolare si effettua attraverso il grande dentato (Kendall et al 1994) e il piccolo pettorale. In alcuni casi di pneumopatie ostruttive i pazienti migliorano la respirazione aggrappandosi con le mani alle sbarre del letto (kendall et al 1994), in modo da stabilizzare l’arto superiore ed utilizzare il grande pettorale (inserzione toracica sei prime coste) e il grande dorsale (inserzione toracica ultime 4 coste) ai fini inspiratori.

La maggior parte dei muscoli inspiratori accessori che coinvolgono l’arto superiore sono efficaci inspiratori se la spalla è abdotta (Kendall et al 1994). Questo aspetto non deve essere trascurato quando ci troviamo ad affrontare patologie della cuffia scapolo omerale in soggetti che, pur avendo “dolore alla spalla”, durante la notte mantengono una postura abdotta dell’arto superiore. In questi casi viene messo in risalto il modo egemonico di operare del nostro corpo. Le funzioni espletate dal corpo umano sono molteplici: movimento, respirazione, circolazione, digestione, ormonale ecc. Il corpo suddivide queste funzioni in una scala gerarchica in base all’importanza vitale. Il ridotto o mancato movimento di un arto, per la rottura della cuffia dei rotatoti, è sicuramente meno importante , ai fini della sopravvivenza, di un condizionamento della respirazione. Le funzioni più alte di questa scala sono essenzialmente vegetative, sotto il controllo del sistema nervoso autonomo, quindi fuori dal controllo della volontà. Unica eccezione a tale regola è il diaframma, il cui funzionamento è misto, automatico nella funzione respiratoria di base, volontario nelle funzioni accessoria (cantare, soffiare, stabilizzatore vertebrale nell’estensione).

La scoliosi vertebrale andrebbe inquadrata in questa ottica; la funzione viscerale viene prima della funzionalità del rachide (Busquet 1993).

Il corpo pur di favorire le funzioni viscerali, supposte alla base dell’alterazione delle curve del rachide, compromette la funzionalità osteo-articolare; anche se, nei gradi estremi, l’alterazione osteo-articolare degenerando, condiziona la funzione respiratoria.

Ritornando alla respirazione scapolare possiamo considerare la scapola come una “rotula” di riflessione di una catena muscolare inspiratoria (Busquet 1983). Alcune patologie dell’arto superiore, soprattutto della scapolo omerale, se inquadrate nell’ottica della catene muscolo-connettivali sono secondarie ad un’alterazione della respirazione. Spesso il danno dell’apparato locomotore è sproporzionato alla disfunzione viscerale. Un diaframma può non funzionare bene, a causa di problemi viscerali, ad esempio per una disfunzione epatica oppure per spasmi endogeni, con conseguente abnorme attivazione dei muscoli respiratori accessori. Un muscolo mantenuto in stato di iperlavoro tende a retrarsi , irrigidirsi e fibrotizzarsi, mentre l’antagonista perde la capacità di fisiologico stabilizzatore; questo comporta per muscoli quali, piccolo pettorale e grande dentato, una anteposizione scapolare con ridotta mobilità in flessione-abduzione, ciò comporta che gli antagonisti lavorino ad una lunghezza maggiore del previsto. Questo è uno dei meccanismi eziopatogenetici per le disfunzioni della cuffia dei rotatori di spalla con innesco della sindrome da conflitto.

La meccanica ventilatoria cambia anche in base al sesso e l’età. Nella donna, la respirazione è di tipo costale superiore, accentuata per ovvi motivi durante la gravidanza. Ciò comporta una escursione massima nella parte alta del torace per un aumento del diametro antero-posteriore. In gravidanza è stata riscontrata la riduzione della lordosi cervicale e della cifosi dorsale che tendono a ripristinarsi nelle settimane dopo il parto (Snijders et al 1976), con un aumento in altezza delle gestanti di circa 10 mm. Tale appiattimento delle curve può essere dovuto alla necessità di respirare senza comprimere l’addome, quindi attraverso una iperattivazione della respirazione accessoria con un maggiore reclutamento dei muscoli spinali.

Nell’infante la meccanica ventilatoria è di tipo prettamente addominale; mentre nell’uomo adulto è di tipo misto (kapandji 1996). Nelle persone anziane l’ipercifosi dorsale che riduce il movimento delle coste superiori e l’ipotonia muscolare condizionano una respirazione costale inferiore o addirittura addominale.

La meccanica ventilatoria può essere profondamente alterata dalla postura del corpo. In decubito dorsale la massa dei visceri addominali spinge il diaframma verso l’alto, l’inspirazione risulta più difficoltosa, il volume corrente diminuisce a discapito del volume di riserva inspiratoria. In decubito laterale la spinta del diaframma verso l’alto è più accentuata dal lato declive; il polmone inferiore quindi lavora meno di quello posto superiormente, situazione che si aggrava anche per la stasi circolatoria (Kapandji 1996).

Molte delle posture corporee assunte durante il sonno sono dettate dal sistema viscero-diaframmatico, e anche quando queste posture comportano patologie all’apparato locomotore (Sahrmann 2002, pag 20). Il corpo privilegia le necessità viscerali. Difficoltà di svuotamento gastrico rendono, la postura sul fianco destro più confortevole, per la facilitazione gravitazione allo svuotamento: mentre per chi ha delle difficoltà epatiche tale postura, facendo gravare i visceri sul fegato, non risulta gradita, per cui preferisce il fianco sinistro.

Enumerando sempre le alterazioni dell’apparto locomotore secondarie a disfunzioni viscerali ricordiamo le alterazioni sintomatiche o asintomatiche del rachide dorsale. L’esagerazione della curva dorsale (ipercifosi) o l’estremo opposto, l’appiattimento, sono spesso in relazione con disfunzioni viscerali, in cui il diaframma interviene quasi sempre. Busquet (1983) definisce il tratto dorsale medio come “ la zona ingrata” per i risultati poco gratificanti che si ottengono, a livello terapeutico, sia con le tecniche strutturali che miotensive. La risposta è da ricercarsi nell’importante funzione assolta da questo tratto, strettamente collegata alla respirazione e quindi indirettamente al diaframma. Il trattamento delle disfunzioni del tratto dorsale non deve trascurare le correlazioni con il diaframmatico e il sistema viscerale.

Questo discorso è valido anche per la porzione cervicale bassa, quindi consiglio una valutazione e trattamento del diaframma anche nelle disfunzioni cervicali.

Nell’utilizzo della respirazione cervico-nucale e/o scapolare, abbiamo visto l’importanza di una stabilizzazione del rachide cervico-dorsale.
Questo avviene in prima istanza con l’iperattivazione dei muscoli che collegano il rachide alto: semispinale (epispinoso); spinale; ileocostale (toracico e cervicale) e lunghissimo (toracico e cervicale). Se interviene una iper attivazione dei dorsali e dei cervico-nucali (attraverso i muscoli sottoccipitali la nuca è collegata al rachide cervicale alto) avremo un appiattimento del rachide cervico-dorsale; se l’iper attivazione coinvolge solo i cervico-nucali, avremo un’accentuazione delle curve (ipercifosi dorsale e iperlordosi cervicale). Per Busquet (1983), a livello dorsale l’epispinoso lavora in sinergia con il diaframma (fig. 9) per i seguenti motivi: 1) la sua posizione mediana gli conferisce la massima efficacia in rapporto al piano sagittale di raddrizzamento; 2) le inserzioni basse sono allo stesso livello dei pilastri diaframmatici con azione antagonista (le prime tre vertebre lombari sono portate in estensione dal diaframma e in flessione dall’epispinoso); ha una costituzione a lamine sovrapposte, tipo lamine di balestra di sospensione, che collegano da D11-D12-L1-L2 caudalmente alle prime nove vertebre dorsali cranialmente.

Diaframma Toracico funzione 010 spine center fig. 9 – schematizzazione delle linee d’azione del diaframma e dell’epispinoso
Diaframma Toracico funzione 011 spine center fig. 10 – aspetto spiraliforme o “punto interrogativo” (?) del reclutamento dei gruppi muscolari inspiratori al crescere della domanda: 1) diaframma; 2) intercostali, elevatori delle coste; 3) cervico-dorsali; 4) ileolombare e lunghissimo

La stabilizzazione ai fini respiratori può coinvolgere anche il rachide lombare e la pelvi. In questo caso vengono chiamati in causa i muscoli lunghi del rachide: il tratto toracico del lunghissimo del dorso e l’ileocostale lombare.

Ai fini del consumo energetico sembra quasi che il corpo utilizzi, in base alle richieste, gruppi muscolari e strutture corporee sempre maggiori assumendo una conformazione, se osservata lateralmente, di tipo spiraliforme (fig. 10). In condizione rilassata con volume correnti bassi il diaframma è sufficiente a soddisfare le esigenze del corpo. Ad una maggiore richiesta vengono attivati gli intercostali ed elevatori delle coste (sovracostali).

Se la richiesta non viene soddisfatta intervengonoin questo caso gli accessori cervico-nucali e scapolari i quali oltre un certo livello hanno bisogno di stabilizzazione vertebrale per essere adeguatamente efficienti. A questo punto entrano in azione i muscoli cervico-dorsali (epispinoso) che estendono il rachide alto.

Se anche questo compenso risulta insufficiente intervengono l’ileo-lombare e il lunghissimo che estendono globalmente il rachide. L’atteggiamento di massima estensione inspiratoria è facile da osservare nelle inspirazioni che precedono lo starnuto o in alcune forme asmatiche. Kapandji (1994) riporta gli studi di Delmas a riguardo della funzione di alcune vertebre lombari sull’equilibrio statico e dinamico del rachide.

La terza vertebra lombare si trova all’apice della curva lombare e presenta un arco posteriore molto sviluppato per dare ancoraggio ai: fasci muscolari del lunghissimo del dorso e del multifido lombare che provengono dalla massa connettivale comune sacroiliaca (fig.11); alla fascia toraco-lombare; ai fasci ascendenti del lunghissimo del dorso, che si portano a livello dorsale, e dello spinale toracico (epispinoso). In questa architettura la terza lombare è tirata posteriormente dai muscoli ad inserzione sacro-iliaca per servire da punto di applicazione all’azione dei muscoli dorsali.

L’azione dei muscoli caudali che si inseriscono su L3, combinata ai muscoli che partono da L3, senza un adeguato bilanciamento dell’ileocostale lombare e del quadrato dei lombi che rimangono tesi come una corda d’arco sulla lordosi lombare, determinano una riduzione della lordosi lombare.

Diaframma Toracico funzione 012 spine center fig. 11 – ancoraggio del lunghissimo del dorso a livello di L3; in rosso il lunghissimo del dorso, in verde il multifido (da Kapandji modificato)
Diaframma Toracico funzione 013 spine center fig. 12 – soggetto con traslazione craniale della lordosi lombare

Un’alterazione di questa curva, in cui l’epicentro non è L3 ma risulta spostato in direzione craniale è da attribuirsi a delle alterazioni viscero-diaframmatiche. Secondo Souchard (1995) in inspirazione forzata, quando il centro frenico si arresta nella discesa, per la contropressione del pacchetto viscerale, il diaframma diventa punto fisso, e le sue connessioni esercitano una trazione sulla colonna lombare.

Quest’azione sarebbe particolarmente sentita a livello di L1 e L2, zona d’inserzione principale dei pilastri diaframmatici. Questo sarebbe il meccanismo che porterebbe una risalita della curva lombare nei blocchi inspiratori del diaframma (fig. 12).

I muscoli quando si contraggono cercano di avvicinare i punti d’ancoraggio facendo spostare l’inserzione dove è presente una minore massa. Per tale regola risulta difficile accettare la teoria sopra esposta riguardo l’alterazioni delle curve lombari, poiché l’ancoraggio posteriore del diaframma è molto più solido dell’anteriore.

Diaframma Toracico e Core Stability

Per il diaframma, oltre alla funzione respiratoria, non và dimenticata l’azione sinergica al trasverso dell’addome, nella stabilità della colonna lombare durante il movimento (Hodges et al 2001). Il diaframma presenta in comune al trasverso le inserzioni costali. E’ noto, infatti, che nel momento che si compie uno sforzo di sollevamento si effettua istintivamente una contrazione della parete addominale con chiusura della glottide (manovra di Valsala). In tale modo la pressione della cavità addominale aumenta notevolmente trasformandola in una colonna semirigida in grado di assorbire e trasmettere sforzi alle pelvi.

L’intervento di questa struttura gonfiabile, per Kapandji (1996), riduce di circa il 50% a livello della cerniera dorso-lombare e di circa il 30% a livello della cerniera lombo-sacrale, la compressione a livello dei dischi. Altri studi (Bartelink 1957; McGill e Sharratt 1990) confermano la possibilità di questo sistema pneumostatico nel ridurre il carico vertebrale, ma con percentuali di riduzione dell’attività degli estensori del 12-20% (Thomson 1988). Questo meccanismo di iperpressione intra addominale è molto utile per ridurre i carichi a livello del rachide basso e stabilizzare le vertebre lombari (Hodges et al 2003).

La stabilizzazione del tratto lombare avviene anche quando si utilizzano le estremità del corpo, ad esempio l’arto superiore. Hodges et al (1997) registrano, durante la flessione della spalla, un’attivazione eletromiografica del diaframma che precede di circa 20 ms quella del deltoide. L’attivazione del diaframma coincide con quella dl trasverso dell’addome. In un’altro lavoro lo stesso Autore et al (Hodges et al 2005) risconta un aumento della rigidità (stiffness) del rachide lombare (L2-L4) dal 8 al 31% stimolando in modo percutaneo il nervo frenico il quale determina un aumento della pressione intraddominale del 27-61%. I risultati di questo lavoro evidenziano che l’incremento della stabilità vertebrale, determinata dall’incremento della pressione intraddominale, non è strettamente collegata all’attivazione degli addominali. La stabilizzazione lombare aumenta anche per l’azione meccanica diretta che il diaframma esercita attraverso le inserzioni vertebrali (crural fibers) (Shirley et al 2003)

Tuttavia, tale muscolo, non può essere utilizzato per lunghi periodi, perché presuppone una apnea assoluta con modificazione circolatorie importanti: iperpressione del sistema venoso intracranico, aumento della pressione del liquido cefalo-rachidiano , riduzione del ritorno venoso al cuore, diminuzione della quantità del sangue alveolare, aumento della resistenza del piccolo circolo e.compressione dei visceri addominali.

Diaframma Toracico funzione 014 spine center Diaframma Toracico funzione 015 spine center fig. 13 – nel grafico viene riportato l’attivazione del diaframma durante una flessione della spalla eseguita durante una inspirazione (tracciato in alto) e durante una espirazione (tracciato in basso). Come si può notare l’attività elettromiografica del diaframma anticipa quella del deltoide in entrambe le situazioni di respirazione

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